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suggestioni di Roma sparita

le mie passeggiate
suggestioni di Roma sparita
con Santina, Carla e Aldo, Annalucia e Pio, Maria Grazia e Bruno, Celeste e Dario, Aurora e Paolo, Marcella e Mauro, Adalgisa e Claudio, Adele e Sossio, Franca, Natalia, Antonietta, Maurizio
                                                                                                                                                                20 ottobre 2013
Prima dei grandi sventramenti urbanistici, tutta la zona della nostra passeggiata era caratterizzata dalla presenza di case medioevali e rinascimentali: un sistema urbano pullulante di gente, botteghe, mercati e osterie. Il vecchio quartiere che occupava piazza Venezia e via dei Fori Imperiali è stato stravolto prima per far posto al Vittoriano, iniziato nel 1885, poi con l’assetto attuale dell’area, realizzato negli anni venti e trenta del novecento dall’architetto Antonio Munoz, fu distrutto l’agglomerato di case e vicoli che gravitavano intorno a piazza Montanara e al Velabro, per valorizzare gli edifici antichi, mentre la collina Velia, tra il colle Oppio ed il Palatino, venne completamente sbancata per far posto a via dell'Impero, oggi via dei Fori Imperiali.
piazza san Marco
Prende il nome dalla basilica dedicata all’evangelista. Nel corso dei secoli ha subito notevoli trasformazioni, l’ultima nel 1911, quando fu abbattuto il palazzetto di Venezia, originariamente alla destra di chi guarda la basilica, che venne ricostruito dalla parte opposta. La causa di ciò fu la costruzione del Monumento a Vittorio Emanuele II e la piazza, un tempo vivace centro della vita cittadina, fu ridotta a poco più di un troncone, in posizione defilata. Qui si svolgevano, infatti, alcune manifestazioni popolari: la più famosa era il “ballo de li poveretti” in cui prendevano parte oltre alle belle ragazze e ai giovanotti, anche persone anziane o affette da infermità fisica, con grande divertimento di coloro che assistevano al singolare intrattenimento. Punto d’appoggio della festa erano anche due famose osterie, quella del Campanello, che aveva per insegna un angelo che agitava un campanello, e quella dei Tre Re, così chiamata perché nel corso di un Anno Santo vi si erano fermati tre pellegrini che avevano mostrato una tanto grande disponibilità di denaro, che l’oste li aveva creduti tre sovrani in incognito.
San Marco Evangelista in Campidoglio
Basilica minore, fu fatta erigere da papa San Marco nel 336 in onore dell'omonimo Evangelista. Fu restaurata nel 792 da papa Adriano I e quasi completamente riedificata nel 833 da papa Gregorio IV che ordinò la decorazione dell'abside e la costruzione dell'arco trionfale con i mosaici che ancora oggi si conservano. Il cardinale Pietro Barbo, poi papa Paolo II, la ricostruì in gran parte nelle sue forme attuali e ne fece la chiesa dei veneziani a Roma (1460 circa). Tra il 1740 ed il 1750 fu restaurata da Filippo Barigioni, che alterò con decorazioni barocche la fisionomia dell'interno. La facciata, detta della Benedizione, formata da un portico a tre arcate con semi colonne addossate a pilastri, è tra le più eleganti architetture del Rinascimento di Roma. Dietro di essa sorge il campaniletto romanico a trifore, ornato da dischi di verde antico.
Madama Lucrezia
E' Il grande busto marmoreo della c.d. Madama Lucrezia, comunemente noto per la sua appartenenza alla congrega delle “statue parlanti”, è in realtà identificabile, grazie al caratteristico nodo isiaco con cui è legato lo scialle sfrangiato sul petto, come un frammento di una statua colossale della dea Iside, risalente al II o III secolo d.C., che aveva il suo luogo di culto nell’Iseo del Campo Marzio. Il busto fu collocato intorno al 1500 dal Cardinale Lorenzo Cybo davanti alla basilica di S. Marco e successivamente spostato sulla sinistra, dove si trova attualmente. L’appellativo di Madama Lucrezia deriverebbe, secondo una delle tradizioni più diffuse, da Lucrezia d’Alagno, favorita di Alfonso V d’Aragona re di Napoli, che si sarebbe trasferita a Roma dopo la morte dell’amante. La statua divenne ben presto la protagonista di alcune manifestazioni popolari romane: il giorno del primo di maggio, in occasione del “ballo de li poveretti”, essa veniva ornata con collane di aglio, peperoncini , cipolle e nastri. Era tradizione che davanti a Madama Lucrezia ci si dovesse inchinare o togliere il cappello e l’usanza era fatta rispettare dai monelli che obbligavano i passanti ad inchinarsi facendo cadere loro davanti una moneta, peraltro assicurata ad un filo che ne permetteva l’immediato recupero; i cappelli venivano invece fatti cadere con precisi colpi di fionda. Come le altre cinque statue parlanti, fu spesso la voce delle pasquinate, pungenti satire contro il governo o personaggi pubblici; durante la Repubblica romana del 1799 la statua cadde dal suo piedistallo ed il popolo romano, con allusione al governo vigente, scrisse sul dorso “non ne posso veder più!”. In tale caduta la statua si ruppe in otto pezzi ma fu poi restaurata nel 1806.

Fontana della Pigna
È una delle dieci fontanelle rionali realizzate da Lombardi tra il 1925 e il 1927, e simboleggia il rione omonimo. È costituita da uno stelo al centro di un piccolo bacino, sul quale due corolle molto stilizzate sostengono una pigna; l’acqua esce da due cannelle laterali e si riversa nelle vaschette a fior di terra, circondate da quattro paracarri. La fontana ricorda la grande pigna antica, dalla quale prende nome il rione omonimo, ora collocata nell’omonimo cortile in Città del Vaticano.

vicolo Margana
Nonostante le trasformazioni edilizie che hanno segnato quest’area di Roma, è possibile ritrovare numerose testimonianze dell’età medievale, soprattutto tracce dei portici che, costruiti lungo le strade, furono poi murati con l’abbattimento delle torri. Torri e portici costituivano, infatti, luoghi chiave della strategia urbanistica delle famiglie nobili romane del medioevo, in contrapposizione alla visione pontificia della centralità della chiesa. Lungo vicolo Margana sono presenti numerosi frammenti di portici medievali, ottenuti con il riutilizzo di colonne provenienti da antichi edifici romani: caratteristico poi, l’arco che mette in comunicazione gli edifici contrapposti del vicolo.
Via della Tribuna di Tor de Specchi - Piazza Capizucchi
Prende il nome dalla tribuna o abside della chiesa della SS. Annunziata delle oblate di Tor de Specchi ed è ricca di testimonianze dell’architettura della Roma “sparita”. La torre dei Boveschi, ora inglobata nel monastero delle Oblate faceva parte della proprietà della famiglia Boveschi, che si stabilì nel rione Campitelli nella seconda metà del duecento e prese poi il cognome Orsini nel trecento. La torre, della tipologia delle case-torri con bottega, era probabilmente sede del Cancelliere preposto a dirimere le contese giuridiche che sorgevano nell’ambito delle attività del mercato. La Chiesa della SS Annunziata è annessa al monastero delle Oblate è aperta al pubblico solo il 9 marzo, giorno della festa di S. Francesca Romana.
Piazza Capizucchi prende il nome dalla famiglia romana che ebbe in questa zone nel XVI secolo molte proprietà tra cui il palazzo con ingresso principale in piazza Campitelli. Vicolo Capizucchi è chiuso in ambedue i lati di accesso da cancellate, nonostante le quali si vede un arco, che risale al 1616, dalle linee semplici, che congiunge le costruzioni contrapposte.
Piazza Margana
Piazza Margana, come l’omonima via e il vicolo, prende il nome dai Margani, una delle famiglie baronali della Roma medievale, che qui ebbero le loro case e soprattutto la torre del XIV secolo. Tutta la zona è caratterizzata da un’edilizia che spazia tra il XIV e il XVIII secolo in una specie di incastro di stili, nel quale si inseriscono anche frammenti di secoli più antichi, tale da costituire un suggestivo percorso architettonico. La torre, suddivisa all’interno in tre piani, ha perduto buona parte della sua consistenza originaria a seguito di un crollo avvenuto nel XIV secolo: fra la porta d'ingresso e la finestra del primo piano sono inseriti nel muro due frammenti romani, uno raffigurante un'aquila e l'altro un motivo floreale. Il complesso della “Casa dei Margani” unito alla torre è invece cinquecentesco: si tratta di una costruzione priva di un’unità compositiva, dovuta ad una continua stratificazione di aggiunte, che comunque danno ancora al complesso un fascino antico.
Sulla piazza si trovano alcuni palazzi di assoluto interesse: il seicentesco Palazzo Maccarani, poi Odescalchi, il palazzetto Capocci del cinquecento ed il palazzetto Albertoni, del seicento. Del quattrocento è il palazzetto Velli, costruito per l'antica famiglia romana dei Velli ma completamente ristrutturato nei due secoli successivi quando divenne proprietà dei Cardelli. Nella piazza sono presenti anche due edicole di Madonnelle: su palazzo Albertoni, un’immagine della Madonna della Seggiola inserita in un tabernacolo in pietra sormontato da festoni e nappe stilizzate; l’altra, raffigurante la Madonna della Misericordia, a fianco di palazzetto Capocci. Si può dire che questa piazza fu sede di opere di particolare attenzione di carità cristiana: infatti palazzo Cardelli è stato sede fino a fine ottocento di un ostello per il recupero morale e sociale delle prostitute giovani, mentre palazzo Odescalchi ha accolto le fanciulle abbandonate o orfane.
piazza Campitelli
Questa piazza porta il nome del rione che da qui prende inizio e che comprende il Colle Capitolino. Essa è una delle più belle ed armoniose piazze minori della vecchia Roma ed è soprattutto caratterizzata dalla omogeneità architettonica seicentesca, perché la costruzione della chiesa coincise con il rinnovamento di tutta l'edilizia circostante. Il colle Capitolino, grande vicino, si inserisce come fondale d'eccezione nella prospettiva della piazza, la quale tuttavia non ne resta schiacciata, anzi ne appare piuttosto come una sorta di anticamera. Numerosi i palazzi storici presenti nella piazza, Palazzo Cavalletti, del cinquecento, rinnovato alla fine del seicento;Palazzo Albertoni Spinola, eretto probabilmente da Giacomo Della Porta, ai primi del seicento per conto di Baldassarre Paluzzi Albertoni; Palazzo Capizucchi, oggi Gasparri, costruito verso il 1585 da Giacomo Della Porta e il Palazzo di Flaminio Ponzio, all'angolo con Via Montanara, ricostruito con gli elementi ornamentali del palazzo che l'architetto di Paolo V si era costruito nel 1600 in Via Alessandrina. E’ soprattutto però la chiesa di S. Maria in Portico in Campitelli, autentico gioiello del barocco romano, l’elemento architettonico principale della piazza.
S. Maria in Portico in Campitelli
La chiesa, capolavoro di Carlo Rainaldi allievo di Bernini, fu fatta erigere da papa Alessandro VII nel 1662-1667, come esecuzione di un voto fatto dal popolo, per conservarvi l'immagine della Madonna in Portico che i romani erano soliti pregare in caso di grandi calamità;La facciata, tutta di travertino, è su due ordini con le colonne che per la prima volta in un prospetto di chiesa, sono completamente staccate dal fondo. Per la diversità delle decorazioni, della insolita distribuzione di porte e finestre essa presenta straordinari effetti di chiaro scuro, scenografici e plastici, pur essendo priva di ornamentazione scultorea.  L’altare maggiore è una scenografica macchina barocca del Rainaldi, realizzata da Giovanni Antonio De Rossi, Ercole Ferrata e Giovanni Paolo Schor (1667) con al centro, l’immagine miracolosa detta di S. Maria in Portico Campitelli - Romanus portus securitas- preziosa opera in lamina e smalti dell'XI secolo. E' detta Madonna del Portico perché apparve nel 524, alla patrizia romana Galla, mentre essa distribuiva il cibo ai poveri nel portico del suo palazzo.A questa effigie, dalla storia millenaria, si attribuiscono miracoli, in particolare il popolo attribuì alla sua intercessione  la cessazione della peste del 1656, come pure la fine del terremoto del 1703, il più grave che Roma abbia subito. Nel XIV centenario della Sua apparizione, nel 1924, si volle ricordarne i molti benefici murando nei rioni Campitelli e San’Angelo i piccoli tondi di maiolica policroma che oggi si vedono sui prospetti di molti fabbricati, riproducenti in oro, sopra un fondo turchino, la prodigiosa effigie custodita in Santa Maria in Campitelli.

fontana di Campitelli
La fontana è attribuita a Giacomo della Porta nel 1589 e realizzata da Pompilio de Benedetti. In origine era situata al centro della piazza, ma nel 1679 in seguito all'ampliamento della chiesa di Santa Maria in Portico venne spostata nella posizione attuale, anche per la molestia che le grida dei cocchieri, durante l'abbeverata dei cavalli, recavano allo svolgimento delle funzioni. E' decorata con gli stemmi della quattro famiglie preminenti nella zona (Albertoni, Capizucchi, Muti e Ricci che si accollarono l'onere dei lavori) e da due mascheroni che versano acqua. Sopra la vasca, sorretto da un balaustro di marmo a forma di calice, trova posto un catino circolare al centro del quale si innalza un getto d'acqua.
Roma sparita- Via Montanara
Via Montanara un tempo era una piazza che arrivava fino alla Bocca della Verità; è stata una delle perdite più rilevanti causate dagli sventramenti: aveva originariamente una forma a fiocco e presentava uno spazio simile a quello di piazza di Spagna e costituiva uno dei punti nevralgici della vita cittadina. Era una piazza pittoresca per l’andirivieni di “burini” in cerca di lavoro, venditori ambulanti, strozzini e “caporali” che assegnavano il lavoro a giornata. Molti scrivani pubblici, unica possibilità di comunicazione epistolare per i molti analfabeti, prestavano qui la loro opera su tavolinetti pieni di fogli e buste e lettere già compilate per tutti i gusti e tutte le borse. Non mancavano pure i barbieri, tra i quali il famoso barbiere della "meluccia" che usava mettere in bocca ai clienti una piccola mela: usava sempre la stessa, per tendere le guance alla rasatura, e l'ultimo dei clienti aveva il diritto di mangiarsela. Numerose le osterie: tra le più note, la locanda detta "der Bujaccaro", che distribuiva a pochi centesimi un minestrone fumante ai contadini che affollavano la piazza per il "mercato delle opere" (nell'ottocento le "opere" erano i lavori dei campi).

Santa Rita
La chiesa di Santa Rita fu costruita dalla famiglia Boccabella nel XI secolo e restaurata da Carlo Fontana nel 1643, ebbe anche il nome di S. Biagio in Mercatello, per essere stata costruita sopra questa chiesa. Questa chiesa non si trova nella posizione originaria; infatti fino al 1928 essa si trovava ai piedi della scalinata di Santa Maria in Aracoeli, sul suo lato sinistro. In seguito alla demolizione della zona per la costruzione della Via del Mare (oggi Via del Teatro Marcello), la chiesa venne “smontata” pezzo per pezzo, messa in deposito con l’intento di ricostruirla nello stesso posto; solo nel 1940 la chiesa fu ricostruita invece nella posizione attuale. Oggi la chiesa è uno spazio polifunzionale dell’Assessorato alle Politiche Culturali di Roma che ne ha fatto una delle sedi per iniziative culturali ed istituzionali.

via del Teatro di Marcello
La via, che prende il nome dal monumento dedicato da Augusto al nipote e genero Marco Claudio Marcello, è caratterizzata dalla presenza di numerose memorie storiche che la fiancheggiano.
Teatro di Marcello
Il teatro fu iniziato da Giulio Cesare demolendo gli edifici esistenti tra cui il tempio della Pietà, ma Augusto quando riprese il progetto, procedette a nuovi espropri per ampliare la superficie ed erigere un edificio più grande. Probabilmente completato già nel 17 a. C. quando venne utilizzato in occasione dei ludi secolari, fu dedicato nel 13 o 11 a.C., dandogli il nome di Marcello, inizialmente destinato alla successione, morto prematuramente nel 27 a. C.. Restaurato da Vespasiano e da Alessandro Severo, era ancora in funzione nel IV secolo, poi, iniziò a subire profonde trasformazioni strutturali. Data la posizione elevata nei pressi del fiume, in un punto in cui era facile il guado, nel XII secolo fu mutato in fortezza di proprietà dei Pierleoni e dei Fabi e nel Cinquecento in palazzo signorile dai Savelli: furono loro a far realizzare da Baldassarre Peruzzi il palazzo che si vede ancora oggi al di sopra delle arcate. Nel XVIII secolo il palazzo passò alla famiglia Orsini che fece realizzare tre ulteriori corpi di fabbrica sul lato verso il Tevere articolati intorno ad un cortile quadrangolare. Fino alle demolizioni degli anni trenta del secolo scorso la parte inferiore del palazzo, corrispondente alle arcate del primo ordine del Teatro, rimase occupata dalle botteghe e abitazioni popolari installatesi nella prima età medievale La parte inferiore, corrispondente alle strutture romane, fu acquisita negli anni '30 dal Comune di Roma: le botteghe e le abitazioni che erano nate all'interno delle arcate e nella zona circostante nella prima età medievale, furono eliminate.
Albergo della Catena
L’Albergo della Catena fa parte di quello sparuto gruppo di edifici medievali risparmiati dalle demolizioni effettuate tra il Campidoglio e il Foro Boario durante il Ventennio fascista per l’apertura della Via del Mare e la rimessa in luce dei monumenti di Roma antica. Il complesso, composto da tre diverse unità, prendeva il nome da una stradina non più esistente chiamata via della Catena di Pescaria che conduceva da Piazza Montanara al Portico d’Ottavia e alla chiesa di Sant’Angelo in Pescheria: la “catena”, tesa tra due colonnine di pietra, doveva probabilmente impedire il transito ai carri nel vicolo che si apriva all’interno del fittissimo tessuto edilizio del quartiere. Il complesso venne costruito nel Medio Evo su una parte del podio del Tempio di Apollo Sosiano e, almeno a partire dal XVI secolo e fino al 1929, quando fu acquistato dal Governatorato di Roma, assolse la funzione di albergo e locanda: la clientela era per lo più costituita da mercanti provenienti principalmente dall’Alto Lazio, dalla Ciociaria e dall’Abruzzo che qui arrivavano con i loro carri carichi di mercanzie. Il corpo edilizio più vicino al chiostro di S. Maria di Campitelli è stato costruito sui resti di una torre altomedioevale. Sul corpo centrale, databile al XII secolo, si possono notare i resti di un arco che un tempo scavalcava il vicoletto posto tra l'albergo e i fabbricati adiacenti. Alcuni elementi scultorei altomedievali, con decorazioni a treccia, sono inseriti nelle cornici di porte e finestre. Attualmente l'Albergo della Catena è sede della Sovraintendenza Comunale.
Il Foro Olitorio
L'area compresa tra il Tevere e il gruppo di colline limitrofe come il Campidoglio, il Palatino e l'Aventino, costituisce un’area che ha vissuto i primi insediamenti abitativi della storia di Roma. Questi luoghi sono alla base di numerose leggende, anche relative alla nascita di Roma: qui, infatti, si narra che si andò ad arenare la cesta con i due gemelli, Romolo e Remo. La presenza in questa zona di un guado naturale sul fiume, che permetteva gli scambi tra le popolazioni a nord e a sud del Tevere, favorì la successiva formazione, sulla riva sinistra, di due ampie piazze di mercato: il foro Boario, o delle carni, e il foro Olitorio o della frutta e verdura. Con l'intensificarsi degli scambi commerciali, si ebbe la monumentalizzazione dell'area, con la realizzazione di sempre più numerosi luoghi di culto. Nel foro Olitorio, sono ancora visibili i resti di parte di questi templi nei sotterranei della chiesa di S. Nicola in Carcere e alcune parti dei colonnati, che erano a suo tempo stati inglobati nella costruzione della chiesa medioevale. All'esterno della chiesa infatti, sul lato sud, si possono ammirare sei colonne del tempio dedicato alla Speranza. Al tempio centrale e più grande del complesso, costruito nel 197 a.C. in onore di Giunone, appartengono le tre colonne inglobate nella facciata della chiesa di S. Nicola. Ad un terzo tempio, dedicato a Giano, appartengono invece due colonne della facciata e sette del lato meridionale, oggi visibili nelle murature della chiesa attuale, verso il teatro di Marcello.
San Nicola in Carcere
Sulle rovine del Foro Olitorio e sui resti dei templi, attribuiti rispettivamente a Giunone, Giano e Speranza, sorge la chiesa di S. Nicola in carcere. Risalente probabilmente al VII secolo, è dedicata a S. Nicola per il fatto che nell'area viveva la comunità greca, che venerava particolarmente questo santo. Ricevette il nome "in carcere" da una prigione lì presente, risalente all'epoca bizantina. Ricostruita nel XII secolo fu, nel corso dei secoli, restaurata più volte. La facciata risale al 1599, realizzata da Giacomo della Porta, che riutilizzò due colonne del Tempio di Giunone Sopita, mentre ai lati dell'edificio sono inserite le sei colonne del tempio di Giano e parte di quelle del Tempio della Speranza. L’interno presenta una pianta basilicale a tre navate divise da sette colonne per lato, con transetto non sporgente e abside fiancheggiata da cappelle. Nel 1808 la chiesa fu restaurata da Giuseppe Valadier.
Casa dei Pierleoni
Si tratta di un complesso medioevale costituito dalla torre e dalla casa adiacente. Risale al XII secolo e viene tradizionalmente attribuito ai Pierleoni, probabilmente soltanto perchè la ricca famiglia aveva numerose proprietà, come la torre sull'Isola Tiberina o le stesse fortificazioni sull'antistante Teatro di Marcello. Sulla facciata della torre vi è un’edicola mariana qui collocata nel 1964. La torre è il poco che rimane della struttura edilizia medioevale un tempo situata lungo l'attuale via del Teatro di Marcello, prima che con gli sventramenti attuati per realizzazione della via del Mare, fossero sacrificati tutti gli isolati di via di Tor de' Specchi, della scomparsa Piazza Montanara e di via della Bocca della Verità, prevedendo la salvaguardia solo di alcuni edifici, tra cui appunto la Torre. Nella ricostruzione furono utilizzati sia i resti della casa stessa ma anche di altri elementi, quali le finestre, provenienti da un edificio immediatamente adiacente che invece fu distrutto.
Monastero di Tor de' Specchi
Il muraglione del monastero delle Oblate è detto anche Tor de’ Specchi, dalla torre esistente nei pressi fino al XVII secolo, quando fu abbattuta per allargare il corso stradale. Il nome di Tor de’ Specchi si deve alla torre che aveva finestre tonde che riflettevano la luce. Il suo lungo fronte, si estende compatto, ponendosi in architettonico contrasto con le altre strutture architettoniche circostanti. Il monastero presenta una lunga facciata con tracce murate di portici medievali con un affresco del XVIII secolo in cui S. Francesca Romana e S. Benedetto affiancano la Madonna con il Bambino. All’interno vi si conserva un importante ciclo di affreschi di Antoniazzo Romano sulla vita della Santa. Aperto solamente un giorno l’anno, il 9 marzo, in occasione della festa di Santa Francesca Romana Un altro rilievo della Santa, chiamato la Vergine delle Oblate, è situato all’altezza della parte più moderna del monastero. Si tratta di un medaglione in marmo bianco, di artista sconosciuto: sull’intonaco bruno, una cornice ovale cinge un seicentesco altorilievo, in cui la fondatrice dell’Ordine, Santa Francesca Romana, trionfa estatica sotto un fascio di raggi fra nubi e cherubini, entro un’architettura di colonne sfumante nella nicchia. Le è accanto, inginocchiato, un angelo reggente il libro delle Regole, col volto assorto chino verso la strada sottostante.
piazza dell'Aracoeli
La piazza ci appare oggi priva del carattere raccolto che possedeva un tempo. Mancante di un lato a causa delle demolizioni compiute prima per la costruzione del Monumento a Vittorio Emanuele II, iniziata nel 1885, e poi, negli anni trenta del secolo scorso, per l’isolamento dell’area del Campidoglio, la piazza fu in passato Piazza del Mercato, trasferito nel 1477 a piazza Navona. Le demolizioni di cui è stata oggetto la piazza, se da un lato hanno sostanzialmente mutato la scenografia che Michelangelo aveva utilizzato per la sistemazione del Campidoglio, hanno nel contempo aperto una visuale suggestiva su uno scenario d’eccezione. Da qui si possono ammirare con un unico colpo d’occhio il Campidoglio, il Foro di Traiano con la sua colonna e la retrostante Torre delle Milizie, le due chiese di Santa Maria di Loreto e del Santissimo Nome di Maria e Palazzo Venezia.
La Insula Romana e S. Biagio in Mercatello
Proprio sotto la scalinata dell’Aracoeli, si notano i resti di una casa romana del II secolo d. C., con taberne affacciate su un cortile al pianterreno, un mezzanino e piani superiori che dovevano ospitare appartamenti dove sembra abitassero circa quattrocento persone. In epoca medioevale, tra i ruderi dell’edificio fu costruita, probabilmente dalla famiglia Boccabella, la chiesa di San Biagio de Mercatello, che prendeva la sua denominazione dal mercato che si teneva nella piazza. Le prime notizie sulla chiesa risalgono al XII secolo e da successivi documenti del Cinquecento e del Seicento si viene a sapere che la chiesa era semplice, a una sola navata e vi si accedeva da un’unica porta. Nel 1658 San Biagio passò alla Confraternita della SS. Spina della Corona di Gesù Cristo, che la ricostruì quasi completamente, dedicandola a Santa Rita. Quando nel 1928, per aprire quella che allora si chiamava via del Mare, la chiesa di Santa Rita venne demolita, tornò alla luce l’edificio di epoca imperiale romana e lasciando in piedi due piccole memorie di San Biagio de Mercatello: il campaniletto romanico dell’XI secolo con due bifore e l’arcosolio affrescato con la quattrocentesca "Deposizione di Cristo tra la Madonna e S. Giovanni" e la volta con lunette dove sono rappresentati l’Agnello sacrificale, simbolo del Cristo, e le immagini simbolo degli evangelisti.
fontana dell'Aracoeli
Realizzata da Andrea Brasca, Pietro Gucci e Pace Naldini su disegno del Della Porta durante il pontificato di Sisto V, la fontana subì numerosi rimaneggiamenti: la collocazione iniziale mutò a seguito della demolizione avvenuta agli inizi del XX secolo per la costruzione del Vittoriano, e poi negli anni '30 per l'apertura della strada che porta alla Bocca della verità. Composta di due vasche di forme diverse, la seconda, più piccola, sorregge un gruppo di putti che versano acqua da altrettante anfore che reggono in mano.
Santa Maria in Aracoeli
Basilica minore che sorge sulla cima più alta del Campidoglio, fu eretta sul tempio di Giunone Moneta nel VII secolo, ma ebbe questo nome nel XIII secolo, quando si affermò la leggenda di una apparizione ad Augusto che udì la voce che diceva: “ Haec est ara Dei Coeli”, da cui l’origine del nome Ara Coeli. Divenne intorno all'anno mille abbazia benedettina e nel 1250 fu affidata ai Francescani, che ne iniziarono la ricostruzione secondo gli stili romanico e gotico. Nel medioevo assunse un ruolo assai rilevante poiché vi si radunavano i consiglieri per discutere della "Res Publica". La facciata in mattoni è duecentesca e l'interno, basilicale a croce latina, offre un bell’esempio dell'arte romana tra il XIII e il XVIII secolo. Il soffitto intagliato è del XVI secolo, il pavimento dei secoli XIII e XIV. Sull’altare maggiore si trova la Madonna di Aracoeli dipinta intorno al X secolo. Tra i tanti capolavori presenti, da evidenziare gli affreschi del Pinturicchio che illustrano Storie di San Bernardino. Nella chiesa era conservata la copia del "Santo Bambinello" intagliato nel legno di olivo dei Getsemani, caro a tutti i romani, che fu trafugato nel 1994 e mai più ritrovato e sostituito da una copia.
La scalinata di 124 gradini di marmo venne costruita nel XIII secolo, secondo la tradizione, come ringraziamento per la fine della peste; è inoltre una delle “scale sante” di Roma: la tradizione vuole che le zitelle in cerca di marito e desiderose di figliolanza debbano salirla di notte ed in ginocchio; se poi vi si recita il De Profundis la scalinata fornisce anche i numeri da giocare al lotto. Di sicuro c’è che dalla cima si gode un bellissimo panorama di Roma con le cupole di Sant'Andrea della Valle e di San Pietro.

ricordo della passeggiata

foto di gruppo di Bruno Brunelli
© Sergio Natalizia - 2013
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