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barbiere della meluccia

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il barbiere della meluccia

Le botteghe dei barbieri a Roma erano dei veri e propri centri culturali, i ritrovi dove si apprendevano le ultime notizie, dove si discuteva dei temi correnti della politica, dell’arte, dei fatti ed intrighi della Curia.
Il barbiere aveva una sua autorità, un suo prestigio nel rione, perché era colui che sapeva tutto, dava consigli: passava insomma per un uomo colto.
Ma oltre ai barbieri di riguardo, con tanto di salone, c’erano anche i “barbieri de la meluccia”: a piazza Montanara, a Foro Boario, a Campo Vaccino e sotto Portico d’Ottavia, nei luoghi insomma dove si radunavano i contadini che si offrivano  per il "mercato delle opere" (nell'800 le "opere" erano i lavori dei campi), accanto ai muri delle case mettevano in file quattro-cinque sedie che facevano da bottega all’aperto e soprattutto a chi facevano la barba mettevano una piccola mela in bocca, per tendere le guance alla rasatura. La meluccia doveva servire per tutti gli avventori della giornata: l’ultimo dei clienti aveva il diritto di mangiarsela e, a volte, erano botte per arrivare ultimi.
Si pagava un bajocco (nome della moneta che nell'Ottocento era l'unità base dello Stato pontificio), per farsi radere una barba vecchia anche di due settimane.
Il barbiere con due dita stringeva la punta del naso e lo tirava su e giù secondo il verso con cui faceva la barba; ogni tanto lasciava il cliente con il naso per aria, per avere il tempo di affilare il rasoio alla striscia di cuoio attaccata alla spallina della sedia, oppure per rispondere alle domande degli altri clienti o per emanare sentenze sull’argomento di discussione. In quel momento il cliente stava rassegnato con gli occhi che si perdevano pera aria, senza neanche respirare, per paura di andarsi a procurare un taglio alla gola.
Poi, quando sbarbato si alzava, un altro si andava a mettere al posto suo, mentre il barbiere strillava: sotto a chi tocca!………….e la meluccia cambiava bocca.

Nazareno Cipriani - il barbiere a foro Boario - Galleria Romana dell'Ottocento
© Sergio Natalizia - 2008
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