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Mastro Titta

Racconti > personaggi
Mastro Titta, il boia di Roma
Mastro Titta mostra
la testa recisa di una condannata
mantello rosso di Mastro Titta.
conservato al Museo Criminologico
Giovanni Battista Bugatti, detto Mastro Titta (marzo 1779 – giugno 1869), e noto anche come "il Boia di Roma", fu il più celebre esecutore di sentenze capitali dello Stato Pontificio. La sua carriera di incaricato delle esecuzioni delle condanne a morte iniziò il 22 marzo 1796: fino al 1864 totalizzò ben 516 "servizi" tra suppliziati e giustiziati. Le sue operazioni sono tutte diligentemente descritte nelle sue "Annotazioni", un elenco che arriva fino al 17 agosto 1864, quando Papa Pio IX gli concesse la pensione con un vitalizio mensile di 30 scudi.
Mastro Titta viveva nel rione Borgo, al numero civico 2 di via del Campanile ed ufficialmente svolgeva il mestiere di venditore di ombrelli: è il mestiere-paravento di quello vero di “maestro di giustizie”, dal quale viene il soprannome di Mastro associato a Titta, diminutivo del suo nome. E il soprannome, sfiorato dalla leggenda, diventò per antonomasia quello del boia. Aveva uno stipendio di 15 scudi al mese, oltre l´alloggio e un sussidio, pure mensile, di 5 scudi, poi convertito in gratifica di 20 scudi a Natale, Pasqua e Ferragosto.
Naturalmente non era ben visto dai suoi concittadini, tanto che gli era vietato recarsi nel centro della città per ragioni legate alla sua sicurezza personale (donde il detto "Boia nun passa Ponte", letteralmente "il boia non passa il ponte", cioè "ognuno se ne stia nel suo pezzo di mondo"). Ma poichè a Roma le esecuzioni capitali pubbliche, soprattutto quelle che dovevano essere "esemplari" per il popolo, avvenivano nella parte centrale della città, a Piazza del Popolo o a Campo de' Fiori o nella piazza del Velabro, sull'altra sponda del Tevere, in eccezione al divieto il Bugatti doveva in ogni caso attraversare Ponte Sant'Angelo per andare a compiere i suoi servigi. Questo fatto diede origine all'altro modo di dire romano "Mastro Titta passa ponte", per dire che era in programma per la giornata l'esecuzione di una sentenza di morte.
Prima di ogni esecuzione Mastro Titta si confessava e si comunicava, poi indossava il mantello rosso e si recava a compiere l'opera; quando mazzolava, impiccava, squartava o decapitava, il boia operava con uguale abilità e spesso andava a svolgere la sua attività anche nelle province. Nella Roma ottocentesca celebri viaggiatori come Lord Byron, Charles Dickens e Massimo D'Azeglio furono testimoni diretti delle sue esecuzioni e rimasero colpiti dalla crudezza delle scene di esecuzione capitale. Il mantello scarlatto che Mastro Titta indossava durante le esecuzioni, è tuttora conservato nel Museo Criminologico di Roma, unitamente ad una forca e due ghigliottine utilizzate dal boia di Roma.
© Sergio Natalizia - 2011
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